Agricoltura & Mestieri “Le miniere e l’Ecomuseo di Valtorta”

Tempo di percorrenza: h 1,45-2 circa
Dislivello in salita: m 225 circa
Quota massima: m 1.110 (Costa Alta)
Difficoltà: E (escursionisti)

La partenza

Dalle prime case di Valtorta (m 935; grande parcheggio) ci si porta alla piazza della chiesa parrocchiale (Piazza don Gervasoni) e da qui all’avvio della mulattiera per Scasletto (indicazioni; segnavia CAI 104),

che bordato il campo sportivo scende alla località Bolgià (un tempo detta Piodizza), ove l’omonimo ponte scavalca con un bell’arco il Torrente Stabina.

Sul fondo della valle spiccano i piccoli edifici della fucina, del maglio e del mulino, per secoli e sino all’inizio del Novecento espressione dell’intensa attività manifatturiera locale,

giocoforza concentrata presso i corsi d’acqua, e oggi preziosi tasselli dell’Ecomuseo.

Quest’ultimo trova uno dei suoi punti di forza nel Museo Etnografico allestito nei locali dell’antica Casa della pretura, ove con minuzia

di dettagli sono ricostruiti alcuni ambienti lavorativi e gli spazi abitativi di una tradizionale casa altobrembana.

Scasletto e la Val Caravino

Il percorso prende a salire e dopo aver superato il Ponte di Scasletto (Put de Scaslet), sul fondo della Val Grobbia, rimonta lo spartiacque toccando le Baite Roncal e poi il borgo di Scasletto (m 1.088),

appollaiato su un panoramico dosso. Per quasi due secoli a partire dal 1625 questa piccola contrada, tutt’oggi raggiungibile solo a piedi, rimase distaccata dal capoluogo e insieme ad altre poste lungo il versante sinistro della Val Torta (o Stabina), tra cui Costa, Cantello e Rava, formò il comune delle “Cinque contrade”.

La separazione nacque dalla volontà di questa parte di territorio di liberarsi dai gravami derivanti dalla lunga disputa confinaria con Vedeseta e i milanesi per la proprietà del Monte Concoli, sul lato opposto aveva dissanguato le casse comunali.

Al bivio posto a monte della contrada si lascia il sentiero che continua alla volta di Paiaröla per quello che a sinistra s’addentra in lieve discesa nella Val Falghera. In breve si raggiungono le radure prative della località Solaroi, ove il sentiero nuovamente si dirama: trascurando quello che a sinistra cala al ponte e alle miniere del Frèr, si continua in falsopiano verso destra, nel bosco, prima toccando la Costa Bassa e poi l’antico e dismesso sito minerario della Costa Alta (Costa Olta; m 1.110 circa),

caratterizzato dalla permanenza di muri di contenimento, residui d’escavazione e dall’imbocco di una galleria. Valtorta è stato per secoli uno dei fulcri dell’attività mineraria e metallurgica altobrembana, grazie all’abbondante presenza di miniere, attestate sin dal Duecento, di boschi e acque.

Per la sua peculiare collocazione geografica il piccolo paese ebbe sempre un rapporto privilegiato con la Valsassina e l’importante mercato di Lecco, dunque con la vasta area lariana, verso cui gravitò sino alla costruzione della carrabile di fondovalle all’inizio del Novecento.

L’itinerario prosegue alla volta della Fopa di Ros, amena radura prativa che raggiungiamo con un breve tratto in lieve discesa nel bosco. Il piccolo ambito agricolo e le baite che

lo presidiano evidenziano l’intensità con cui nei secoli scorsi venne sfruttato ogni più piccolo favore ambientale, qui dato da una pendice un po’ più dolce e ben esposta.

Lungo la “strada malgatoria”

Un breve tratto nel bosco conduce sul fondo della valle, presso la confluenza tra le valli di Lavezzo (o del Borae) e Falghera, ove nelle vicinanze di una “reglana”, ovvero di un forno di arrostimento delle rocce ferrose, il sentiero si congiunge a quello proveniente da Valtorta lungo il versante idrografico destro della valle.

Quest’ultimo altro non è che la parte inferiore della cosiddetta “Strada malgatoria”, il percorso seguito dalle mandrie per salire e scendere dall’Alpe Camisolo-Lavezzo nella stagione d’alpeggio.

Il suo tratto iniziale coincide peraltro con la Via del Ferro, che all’altezza della località Lengua buna proseguiva alla volta di Ceresola e dei Piani di Bobbio e che qui aveva una delle sue tante diramazioni secondarie.

Seguendolo verso Sud si borda dunque il piede della radura e poi si scavalca il garrulo torrente (ponticello), qui incassato tra le rocce magmatiche della Diorite di Val Biandino.

Poco più avanti ricompaiono quelle caratteristiche di quest’aspra valle, appartenenti alla formazione degli Scisti di Edolo, che al loro interno ospitano i caratteristici filoni di siderite da cui per secoli fu ricavato il ferro altobrembano. Un lungo tratto in falsopiano, cui all’inizio si raccorda il guado della “malgatoria”, ci conduce infatti all’imbocco di un’altra miniera, proprio all’incrocio con il sentiero proveniente dalle sottostanti miniere del Frér.

Con una breve discesa è possibile visitare anche questo sito minerario, caratterizzato dalla presenza di tre imbocchi di galleria, di residui d’escavazione e dai resti di una polveriera.

Con un ultimo tratto nella faggeta, il bosco simbolo del clima oceanico che al pari della pecceta fu intensamente sfruttato per la produzione di carbone

da destinarsi ai forni fusori, si giunge in località Gualtieri, ove la mulattiera incrocia la carrabile per i Piani di Ceresola.

Ritorno a Valtorta

Sceso il tornante della carrabile si riprende a sinistra il tracciato della mulattiera, che cala rapida alle Baite di Val Ceresola e poi sul fondo dell’omonima valle, ove un ponticello consente di guadagnare l’altra riva.

Un tratto in piano in un bosco neoformato conduce a un nuovo raccordo con la strada asfaltata, in località Lengua buna, donde presso l’omonima valletta si riprende a sinistra la bella mulattiera.

Seguendola tra prati e boschi si raggiunge in breve la contrada Torre, raccolta su un dosso ai piedi della trecentesca chiesetta di S. Antonio Abate, e poi nuovamente il sagrato della parrocchiale dedicata a S. Maria.

Fonte: Stefano D’Adda, Marco Dusatti, 2015 – Agricoltura e Mestieri della tradizione, guide di Altobrembo – Volume II

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